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Il sonno dei bambini

sonno dei bambini

Come mai a volte sembra così difficile aiutare i nostri figli a trascorrere notti tranquille? Le cause possono essere molteplici. Intanto è utile capire le differenze tra il sonno dei bambini e quello degli adulti.

Differenze quantitative

In generale, i bambini necessitano di più ore di sonno rispetto agli adulti.

Esistono molte tabelle che riportano le ore di sonno necessarie per ogni fascia d’età, ma questi dati vanno sempre presi come indicazioni di massima. Per sapere se vostro figlio dorme abbastanza o no, guardate come sta di giorno: se è irritabile, agitato, stanco, allora potrebbe dormire troppo poco per il suo fabbisogno.

Mentre un adulto ha bisogno di dormire circa 8 ore (anche qui con una grande variabilità individuale: a qualcuno bastano 5 ore, altri necessitano di 10 ore), i bambini dormono indicativamente:

  • Neonati: ogni 2-3 ore durante tutta la giornata, per un totale di 14-16
  • A 6 mesi: 11-12 ore di notte + 3 ore di giorno (distribuiti in due o più pisolini)
  • A 12 mesi: 11-12 ore di notte + 2 ore di giorno (in 1 o 2 sonnellini)
  • Dai 3 anni: 10,5 ore di notte + 1,5 ore di giorno (1 pisolino)
  • Dai 4-5 anni: 9-10 ore di notte.

Differenze qualitative

Il sonno in generale si distingue in fasi di sonno

  • REM: questo sonno è caratterizzato all’EEG (elerttroencefalogramma) da un’attività cerebrale intensa, simile a quella dello stato di veglia. Durante il sonno REM vengono favoriti il consolidamento della memoria e degli apprendimenti, la regolazione dell’umore e della capacità di adattamento.
  • non-REM: caratterizzato da onde elettroencefalografiche lente, in cui vengono promossi il riposo, la crescita fisica, la riparazione tissutale, la regolazione ormonale e del sistema immunitario.

Quando dormiamo affrontiamo vari cicli di sonno (di durata e numero variabile, dipendenti da età ed esigenze individuali), ciascuno dei quali è composto da una fase di sonno REM e una di sonno NON-REM.

Sonno degli adulti

Negli adulti il ciclo di sonno comincia con la fase non-REM, la quale presenta 4 stadi di sonno progressivamente sempre più profondo. Segue una fase di sonno REM in cui l’intensa attività cerebrale viene bloccata e non agisce sui muscoli, eccetto che per i muscoli respiratori ed i muscoli oculari, che eludono anatomicamente questo blocco.

Durante una notte di sonno, l’adulto riesce generalmente ad agganciare un ciclo all’altro senza risvegliarsi (o comunque riaddormentandosi subito) e trascorre circa il 20% del tempo in fase REM, specialmente nella seconda parte della notte.

Sonno dei bambini

Il ciclo di sonno dei bambini inizia con il sonno REM (nel quale trascorrono buona parte del sonno, dal 50% alla nascita al 25% al terzo anno d’età) al quale segue un sonno non-REM che, a differenza dell’adulto, non è suddiviso in fasi.

Il sistema nervoso dei neonati è ancora immaturo e non è in grado di bloccare gli impulsi motori (per cui i bambini durante il sonno REM si muovono, parlano, fanno versi pur essendo ancora addormentati).

Inoltre i bambini (specialmente i neonati nei primi 3-4 mesi) fanno difficoltà ad agganciare un ciclo di sonno al successivo in caso di risvegli. Questa caratteristica è stata probabilmente favorita dalla selezione naturale: infatti i risvegli più frequenti permettono al neonato di percepire i propri bisogni (ad esempio la fame, sensazioni fisiche sgradevoli, il pannolino da cambiare, il bisogno di contatto) e di “chiamare” un adulto che li possa soddisfare.

Quindi i risvegli, specialmente nei bambini molto piccoli, sono di base fisiologici, e dovrebbero diventare sempre meno probabili con il trascorrere dei mesi. Il sonno però è un’area molto sensibile, che può essere disturbata per molteplici motivazioni.

Disturbi del sonno

Problemi associati a patologie mediche.

Il primo passo, quando si è davanti ad un disturbo del sonno duraturo e disturbante, è rivolgersi al pediatra per escludere cause di origine medica, tra le quali troviamo:

  • Sindrome delle apnee notturne: il bambino russa frequentemente (almeno tre volte alla settimana), ha un sonno agitato, fa spesso la pipì a letto, di giorno è iperattivo e irritabile, se è più grande può manifestare difficoltà scolastiche.
  • Reflusso gastro-esofageo: il bambino vomita spesso o ha rigurgiti eccessivi, se è già capace di parlare lamenta bruciore alla bocca dello stomaco.
  • Sindrome delle gambe senza riposo: di solito quando si manifesta in tenera età è ereditaria; se il bambino riesce ad esprimersi può riferire di sentire “animaletti” o “onde” sulle gambe; ha difficoltà a stare seduto o sdraiato; può essere iperattivo ed avere difficoltà scolastiche.

Parasonnie

  • Sonnambulismo: il bambino si muove nel sonno e si comporta come se fosse sveglio, ma non lo è. Non bisogna svegliarlo, ma parlargli in tono calmo ed assicurarsi che non si faccia male.
  • Pavor nocturnus: si manifesta specialmente nei bambini dai 20 mesi ed avviene nella prima parte della notte (perché accade nel sonno non-REM). Il bambino appare molto spaventato (può gridare o piangere), può avere gli occhi aperti o chiusi, ma è addormentato e non è consolabile. Cosa può fare l’adulto? Mantenere la calma, non provare a svegliare il bambino (l’episodio si auto-risolve nel giro di 20 minuti circa) ma al massimo rassicurarlo con la voce. In genere il pavor nocturnus è sporadico o si presenta per un periodo di tempo limitato, ma qualora dovesse continuare per più di un mese consultare il pediatra.
  • Incubi: generalmente i bambini cominciano ad avere gli incubi dai 30 mesi, specialmente nella seconda parte della notte (perché avvengono nel sonno REM). Gli incubi sono provocati da sensazioni fisiche (come l’urgenza di fare la pipì), ma possono anche essere correlate a stress (cambiamenti come l’arrivo di un fratellino, un trasloco, un lutto, …), paure (prestare attenzione a filtrare eventuali scene di violenza presenti nei contenuti multimediali a cui il bambino è esposto!). Cosa fare? L’adulto, mantenendo la calma, può rassicurare il bambino, che è sveglio e consolabile. Non è utile sminuire le paure o gli incubi del bambino (ad esempio con frasi come “Ma non devi avere paura dei mostri! Non esistono!”), bensì trovare un modo (anche “magico!”) per aiutare il bimbo a gestirle. Incubi ricorrenti potrebbero essere dovuti a problematiche emotive che il bambino non riesce a superare: in questo caso è indicato rivolgersi ad uno psicoterapeuta.

DISSONIE

  • Risvegli notturni frequenti (più di due per notte) e/o problematici (ovvero che richiedono un intervento anche consistente del genitore).
  • Problemi di addormentamento (il bambino ha bisogno di più di un’ora per addormentarsi o necessita di elementi fissi imprescindibili dall’addormentamento, come essere allattato oppure stare nel lettone).
  • Ipersonnia (dormire troppo) o insonnia (dormire troppo poco): dipendono dal temperamento del bambino (che può essere mite oppure vivace), dall’uso delle tecnologie, dai ritmi della giornata (orari, routine).
  • Assenza di ritmo circadiano: il bambino scambia il giorno con la notte. In genere il sonno si sincronizza con il ritmo giorno/notte verso i 3-4 mesi (quando il bambino comincia a produrre melatonina). Per favorire questa sincronizzazione è utile uscire di giorno (esponendo il bambino alla luce del sole), garantire un ambiente buio durante la notte (possibilmente anche durante allattamento e cambi pannolino!), avere una routine quotidiana stabile (ma flessibile!).

Possibili cause delle dissonnie

  • FISICI
    • Piccoli problemi fisici transitori: dentini, raffreddore…
    • Scatti di crescita: specialmente durante il primo anno di vita, periodicamente il bambino si sveglierà più frequentemente per 2-3 giorni consecutivi per mangiare di più (perché sta crescendo, ha bisogno di più cibo e quindi di stimolare la produzione di latte materno). 
    • Raggiungimento di importanti tappe di sviluppo fisico e cognitivo (circa ogni 3-4 mesi), che spesso comportano una regressione su altri piani (tra cui il sonno):
      • 4° mese: il bambino è più ricettivo agli stimoli esterni (vede meglio, sente meglio, …).
      • 6° mese: impara a stare seduto, inizia lo svezzamento, comincia la lallazione…inoltre il bambino ha maggior consapevolezza di essere un’entità diversa rispetto alla mamma: da qui deriva l’ansia da separazione.
      • 9° mese: gattonamento, acquisizione della posizione eretta…
      • 12 mesi: camminare, parlare…
      • 2-3 anni: il bambino comincia a dire “NO!” (periodo oppositivo) per affermare la propria identità come diversa dall’identità dei genitori. Al contempo dipende ancora dai genitori e desidera essere rassicurato della loro presenza e disponibilità.
  • AMBIENTALI: Caratteristiche della stanza in cui il bambino dorme (luce, buio, umidità dell’aria, caldo, freddo, comfort del lettino, rumori, presenza di apparecchi elettronici…).
  • COMPORTAMENTALI: Abitudini (ciuccio, biberon, seno…): il bambino è abituato a ricevere dal genitore l’aiuto per addormentarsi e lo richiede anche di notte, quando si risveglia per motivi fisiologici. Ma dal 3°-4° mese ha le potenzialità per imparare ad agganciare da solo i cicli di sonno e ad auto-consolarsi. Il genitore lo può aiutare, con calma, pazienza e metodi personalizzati, a raggiungere questa competenza, essendo consapevole del fatto che non è un processo lineare, tantomeno rapido! Diffidate dai metodi preconfezionati: possono risultare efficaci per alcuni bambini, ma non è la norma! Ogni situazione è a sé stante e bisogna adeguare il metodo al bambino, non viceversa: altrimenti si rischiano ripercussioni sul benessere psicologico del bambino.
  • RELAZIONALI: Questi fattori sono i più complessi da individuare e da trattare, ma se gli interventi sui fattori ambientali e comportamentali non funzionano, di solito è perché ci sono dei fattori relazionali sottostanti che complicano le dinamiche. In genere sono collegati a:
    • TEMPERAMENTO DEL BAMBINO: mite/vivace
    • TIPO DI LEGAME CHE HANNO I GENITORI E IL BAMBINO: attaccamento sicuro/insicuro
    • RELAZIONE TRA I GENITORI: conflittuale; separazione
    • STATO EMOTIVO DEI GENITORI: sconforto, rabbia, depressione (anche postpartum), frustrazione…
    • RAPPORTI SQUILIBRATI O CONFLITTUALI CON LE FAMIGLIE D’ORIGINE
    • PRESENZA DI FRATELLI per cui vengono provati sentimenti ambivalenti (affetto ma anche gelosia) di difficile gestione per il bambino
    • ESPERIENZE PROPRIE DEL BAMBINO, come
      • Precedenti esperienze negative per l’addormentamento con ad es metodi rigidi
      • Situazioni in cui i bambini percepiscono negli adulti incertezza o emozioni negative. In questi casi è meglio non fingere che vada tutto bene, ma discutere la situazione con tranquillità parlando apertamente delle emozioni in gioco e normalizzandole, rassicurando il bambino sull’affetto che si prova per lui.

CONSIGLI PER FAVORIRE IL BUON SONNO DEI BAMBINI

SINTONIZZARSI CON IL BAMBINO

  • Cogliere i suoi segnali di sonno per farlo dormire quando è il momento opportuno per lui (non forzarlo a stare sveglio)
  • Capire i significati dei vari tipi di pianto (che si differenziano dalla 3^-4^ settimana di vita) per intervenire in modo adeguato quando il bambino lo richiede.
  • NON INTERVENIRE SUBITO se il bambino si sveglia e fa qualche verso: osservarlo, vedere se si sveglia davvero o se è solo in fase REM. Se è sveglio ma tranquillo, aspettare un po’ per vedere se riesce ad agganciarsi al successivo ciclo di sonno. Se invece richiede la presenza del genitore, assecondarlo. Se il bambino non riesce a riaddormentarsi da solo, bisogna capire il perché e aiutarlo, nel tempo e con calma, ad imparare a farlo.
  • Attenzione ai metodi spacciati come universali e attenzione ai paragoni con gli altri bambini: ogni caso è a sé e bisogna sintonizzarsi con il singolo bambino!

OFFRIRE AL BAMBINO SICUREZZA

Si può influire sui ritmi del bambino con regolarità di orari e di attività che lo rassicurino e gli permettano di prevedere cosa viene dopo, ma senza rigidità e sempre accogliendo i suoi bisogni.

Se ci sono delle regressioni temporanee, accettarle con serenità e senza giudizio (il bambino può essere grande, ma è sempre al contempo piccolo!). Accogliere quindi il bisogno di rassicurazione che il bambino esprime attraverso la regressione, trovando una modalità congrua (ad esempio, se il bambino fa la pipì a letto non ritornare ad usare i pannolini ma fornire rassicurazione in altri modi durante la giornata).

RICHIEDERE UNA CONSULENZA SUL SONNO DEI BAMBINI

Dopo essere andati dal pediatra per escludere patologie mediche, è indicato fare una consulenza per inquadrare bene il problema (compresi gli aspetti relazionali) e trovare soluzioni fattibili e adeguate al vostro bambino e al vostro sistema familiare. Questo è indicato:

  • Quando ci sono problemi frequenti (più di tre volte a settimana) e duraturi (per più di un mese consecutivo).
  • Se siete preoccupati che il problema si cronicizzi.
  • A scopo preventivo durante la gravidanza o nei primissimi mesi di vita del bambino!

Richiedi qui la tua consulenza sul sonno dei bambini

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Dovrò partorire da sola causa COVID… e quindi?

partorire da sola

L’idea di partorire da sola a causa del COVID ti turba? Leggi questo articolo per guardare a questa esperienza con uno sguardo diverso e arrivare al parto il più preparata e tranquilla possibile.

Premessa: il titolo di questo articolo è volutamente provocatorio. È naturale e quasi scontato che ogni donna incinta vorrebbe vivere un bel parto senza complicanze e senza mascherine, poter disporre di un compagno affettuoso e tranquillo che la sostenga e che le permetta di stritolargli la mano durante le contrazioni e le spinte, avere a che fare solo con personale medico e ostetrico gentile, comprensivo ed empatico, poter ricevere le visite di amici e parenti nei momenti più opportuni…e così via.

È però necessario fare i conti con la realtà dei fatti: in tempo di pandemia da COVID-19, purtroppo, non avrai la certezza di essere accompagnata da una persona di tua scelta durante il parto.

Accesso dell’accompagnatore al parto

Al fine di limitare le possibilità di contagio, infatti, dall’inizio della pandemia le strutture sanitarie hanno vietato l’accesso ai visitatori. Ad oggi la situazione varia da struttura a struttura e da reparto a reparto. Non solo: le regole possono cambiare da una settimana all’altra, a seconda della situazione epidemiologica locale.

L’attuale orientamento dei reparti di maternità, dove possibile, è concedere l’accesso del padre (o di un accompagnatore del parto) nei momenti immediatamente precedenti e successivi al parto, previo recente risultato negativo di tampone.

La situazione ovviamente è diversa nel caso in cui la donna sia positiva al tampone per Sars-CoV-2: in questo caso è previsto l’isolamento (quindi non possono entrare accompagnatori al parto), ma, se le condizioni cliniche della madre lo consentono, sono comunque previsti il rooming-in (cioè il permanere del neonato nella stessa stanza della madre), lo skin-to-skin (il contatto pelle a pelle) e l’allattamento. Il tutto, ovviamente, con le dovute misure precauzionali anti-contagio (frequente igienizzazione delle mani e dell’ambiente, utilizzo di mascherina almeno chirurgica). Questo perché i rischi di un’infezione neonatale da Sars-2-CoV (che, con le misure preventive sopra menzionate, ha una probabilità molto bassa di essere trasmessa dalla madre) sono nettamente inferiori rispetto alle problematiche dello sviluppo che comporta l’assenza di contatto fisico con la madre.

Cosa dice la legge

Molte donne protestano dicendo “Ma avere il mio compagno accanto a me durante il parto è un mio diritto!”. Attualmente, la presenza di un accompagnatore al parto non è una legge (viene spesso citata a tal proposito la proposta di legge Zaccagnini, che però non è mai diventata legge, bensì è decaduta con la precedente legislatura). È invece una raccomandazione dell’OMS per favorire una maternità positiva.

A inizio pandemia, l’Istituto Superiore di Sanità ha fornito delle indicazioni per garantire, qualora possibile in sicurezza, la presenza di un accompagnatore durante parto (https://www.epicentro.iss.it/…/sars-cov-2-gravidanza…), in accordo con le raccomandazioni dell’OMS.

Nella realtà dei fatti però, al di là della raccomandazione, il tutto è lasciato nelle mani delle singole strutture, che in questo contesto di emergenza hanno ovviamente priorità diverse a seconda della situazione epidemiologica locale e delle risorse economiche disponibili.

Quindi, nonostante molte strutture si siano organizzate e si stiano organizzando per garantire la presenza di un accompagnatore durante il parto e nella degenza post-partum, al momento c’è ancora un’ampia variabilità da struttura a struttura e tra regime pubblico e privato (dove, va da sé, sono maggiori le risorse economiche per far fronte alla prevenzione di contagi con eventuali focolai intraospedalieri).

E tu, come ti senti al pensiero di partorire da sola?

Se sei incinta e pensi alla possibilità di dover partorire da sola, senza la presenza di una figura familiare, potresti provare diverse emozioni e sensazioni negative, come:

  • senso di ingiustizia
  • rabbia
  • sconforto
  • ansia
  • paura…

È normale provarle, viste le circostanze. Se però queste emozioni prendono il sopravvento e oscurano le tue giornate, vale la pena provare a considerare dei punti di vista differenti, che possano aiutarti a ritrovare il tuo equilibrio e affrontare il parto e il puerperio con serenità, nonostante le circostanze. Vediamoli insieme come scoprire il lato positivo di questa esperienza.

partorire da sola

Guarda anche il lato positivo

Un rapporto più stretto con il personale sanitario

È banale, ma anche medici ed ostetriche sono esseri umani. Questo vuol dire da una parte che le relazioni che il personale instaura con i pazienti saranno sicuramente influenzate dalle caratteristiche individuali (con conseguenti simpatie e antipatie, anche se è sempre auspicabile che il personale mantenga un atteggiamento professionale nei confronti dei pazienti). D’altra parte, però, significa anche che medici e ostetriche sono in grado di mettersi nei vostri panni, di comprendere quello che state passando e di tendervi una mano nel momento del bisogno.

partorire da sola

Meno interferenze

Per quanto sia gioioso ricevere subito le visite di amici e parenti, pensate che in fondo, i festeggiamenti (con le dovute precauzioni) saranno rimandati solo di qualche giorno.

Potrete così dedicare al vostro riposo le giornate immediatamente successive al parto. Dormire senza troppe interruzioni, riprendervi dalla fatica e/o da eventuali conseguenze fisiche del parto, prendervi il vostro tempo in un ambiente tranquillo per cominciare a conoscere il neonato, capire come prendervene cura nel modo migliore (senza troppe voci esterne a dare la propria opinione) e iniziare a instaurare quel legame unico e speciale che sarà una guida importante per il vostro rapporto lungo tutta la vita.

partorire da sola

Cosa puoi fare per prepararti?

Ecco cosa puoi fare per fronteggiare la paura di partorire da sola durante questa pandemia di COVID-19:

Informati

Chiedi informazioni precise alla struttura in cui hai deciso di partorire:

  • Come sono regolamentati gli accessi di un eventuale accompagnatore
  • Cosa succederebbe se tu o lui doveste avere un tampone positivo per Sars-2-CoV?
  • C’è la possibilità di avere un supporto psicologico durante il ricovero nel caso in cui scoprissi di essere positiva al tampone per Sars-2-CoV?

Lavora su te stessa

Questo è un buon momento per lavorare su te stessa e trovare le risorse necessarie. Per prepararti al parto durante la pandemia dovrai sviluppare:

Se senti di avere bisogno di un confronto su queste tematiche, contattami!

Fatti aiutare

Se non sei sicura di possedere queste risorse, prova a seguire un corso di preparazione al parto incentrato anche sulla preparazione psicologica della futura mamma. Impedirai così all’idea di partorire da sola di metterti in crisi!

Inoltre, se ti senti molto spaventata all’idea di affrontare il travaglio, il parto ed il postpartum da sola perché

ti consiglio caldamente di farti seguire da un professionista della salute mentale. Avrai così modo di trattare i tuoi disturbi, affrontare con maggior serenità questo periodo di cambiamento e prevenire problemi futuri che potrebbero ripercuotersi anche sulla vita di tuo figlio.

partorire da sola

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Prepararsi al parto con l’ipnosi: le esperienze

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Queste mamme hanno deciso di prepararsi al parto con l’ipnosi, raccontare la loro esperienza e condividere le loro riflessioni sull’utilità del percorso fatto. In sintesi: consigliano caldamente il Training Ipnotico al Parto!

SARA G.: grazie alla preparazione al parto con l’ipnosi ho partorito con serenità e senso di competenza

Ho conosciuto la dottoressa Delpin al settimo mese della mia prima gravidanza, in un momento di grande ansia per il parto ormai prossimo. Pur avendo seguito il corso preparto offerto dalla mia ASL e avendo letto diversi libri, molti erano i dubbi e le ansie relative al parto, perciò l’aiuto fornito dall’ipnoterapia si è dimostrato fondamentale.

Nelle sei sedute che ho effettuato ho trovato uno spazio dove fermarmi e ascoltarmi (cosa non così facile in un momento di tanto affaccendamento per la nascita ormai prossima), dove condividere i miei timori e le mie aspettative e, soprattutto, uno spazio dove acquisire tecniche che si sono rivelate preziosissime. Ritengo infatti che sia merito della Dottoressa Delpin se sono arrivata a vivere il travaglio con grande serenità e con una sensazione di competenza, scaturite dal lavoro svolto insieme e mirato ad avere fiducia nella mie capacità biologicamente innate. Le tecniche apprese mi hanno aiutata nell’impresa da me auspicata di partorire senza sentire il bisogno di ricorrere all’epidurale, nel pieno rispetto della fisiologia e con serenità. Mi sento quindi di consigliare a tutte le donne in dolce attesa e che desiderino un aiuto nella gestione della paura per il parto l’ipnosi con la dottoressa Delpin.

MICHELA: la tranquillità nonostante la fobia per gli aghi

Grazie al training ipnotico al parto sono riuscita ad affrontare il parto cesareo e la degenza consecutiva in tranquillità, nonostante la mia fobia per gli aghi e le procedure mediche.

PAOLA: un parto veloce

L’esperienza del training ipnotico al parto è stata piacevole, utile a prefigurarmi a cosa sarei andata incontro e a prepararmi bene. Non so se è del tutto merito del training ipnotico ma ho avuto un travaglio attivo e parto molto veloci e senza lacerazioni.

SARA: ho ricevuto i complimenti dell’ostetrica!

Scrivo con grande piacere una testimonianza del mio percorso svolto con la Dott.ssa Delpin per ringraziarla ma soprattutto per tutte coloro che devono prepararsi al grande evento del parto e che stanno valutando di prepararsi al parto con l’ipnosi con Anna Delpin. Grazie alla preparazione fatta (online) ho potuto affrontare il mio primo parto con una serenità che, oltre ad aver fatto andare tutto per il meglio, ha anche accelerato tutto lo svolgimento in quanto il mio corpo collaborava in sincronia con gli sforzi di venire al mondo del mio piccolo ed abbiamo ricevuto anche i “complimenti” da parte dell’ostetrica che ci ha seguiti.

Avrei potuto scegliere di fare la preparazione al parto con un professionista più vicino alla mia residenza e pertanto dal vivo, ma ho comunque preferito la dott.ssa Delpin (che mi aveva già aiutata in un momento di blocco nella scrittura della mia tesi di specialità) in quanto quello che la differenzia dagli altri, oltre alla professionalità in ambito psicoterapeutico, è la sua formazione in ambito medico: oltre a prepararmi con le induzioni ipnotiche è stata in grado di rispondere a tutte le mie domande e i dubbi più specifici legati al pre-parto, al parto e anche al post-parto. Se state pensando se ne valga la pena, per quella che è la mia esperienza dico che è quasi indispensabile!

GIULIA: preparandomi al parto con l’ipnosi sono riuscita a gestire paura e panico

Ho avuto un travaglio lungo e gestito praticamente da sola (con il solo aiuto di mio marito). È stata un’esperienza forte e non semplice ma sono riuscita a gestirla nel modo migliore, senza essere sopraffatta da paura e panico. Pensavo, durante la gravidanza, che non sarei stata in grado di fare tutto ciò. Invece, grazie alla preparazione fatta attraverso il training, ci sono riuscita.

FRANCESCA: ce l’ho fatta nonostante un cesareo d’urgenza

Cara Dottoressa,
a distanza di vari mesi dal mio parto volevo ringraziarla di cuore per il supporto che mi ha dato con il suo corso di training ipnotico al parto. Ricordo ancora il terrore e l’ansia di non farcela che avevo prima del parto. Grazie alla preparazione fatta insieme, ho potuto gestire al meglio le mie paure permettendomi di vivere con tranquillità le ultime settimane di gravidanza ed affrontare il parto con grande serenità. Questo percorso mi ha permesso di acquisire delle competenze che si sono dimostrate preziose durante il travaglio ma anche nei giorni successivi (avendo dovuto affrontare un cesareo d’urgenza).
Consiglio davvero a tutte le mamme in dolce attesa di fare questo percorso con la Dottoressa Anna Delpin che è una persona molto preparata e professionale, oltre che estremamente disponibile.
Grazie ancora Dottoressa, credo che senza di lei tutto sarebbe stato più difficile.

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Caffeina in gravidanza e allattamento: tutto quello che devi sapere!

Caffeina in gravidanza e allattamento

Tutta l’evidenza scientifica attualmente disponibile sull’uso di caffeina in gravidanza e allattamento riassunta in 5 punti cardine. Ecco tutto quello che devi sapere:

  1. La caffeina non si trova soltanto nel caffè, ma anche in numerosi altri prodotti alimentari, farmaceutici e cosmetici: soprattutto tè, cacao, bevande energetiche (ma non solo, anche in bevande analcoliche, barrette proteiche, integratori, cosmetici e farmaci!).

  2. Gli effetti della caffeina sul tuo organismo dipendono sia dalla tua sensibilità individuale a questa sostanza, sia dal suo livello nel sangue: in linea di massima, bassi livelli corrispondono a effetti positivi, mentre alti livelli portano a effetti negativi. La concentrazione di caffeina nel sangue è determinata dall’equilibrio fra la dose che assumi e la capacità del tuo organismo di metabolizzarla.

  3. Se sei in gravidanza, metabolizzi la caffeina molto più lentamente, quindi anche dosi relativamente basse possono causare alti livelli di concentrazione nel sangue e portare a effetti negativi. Inoltre, superando la barriera placentare, la caffeina arriva al feto (che non è in grado di metabolizzarla!) e ad alte dosi può rallentarne la crescita o anche aumentare il rischio di aborto spontaneo.

  4. Anche se ad un mese dal parto il tuo metabolismo della caffeina è ritornato normale, durante l’allattamento questa sostanza passa nel latte e può dare effetti negativi al tuo bambino (che nei primi sei mesi di vita la metabolizza ancora lentamente). Assumendo caffeina, il bambino può manifestare nervosismo, irrequietezza e disturbi del sonno.

  5. Cosa puoi fare per evitare problemi con la caffeina in gravidanza e allattamento?
    • Comprendi il tuo grado di sensibilità alla caffeina: quali effetti ti provoca? Sopra quale quantità e frequenza ti causa effetti negativi?
    • Impara a calcolare quanta caffeina assumi durante la giornata.
    • Non superare la quantità di caffeina che crea problemi a te o al tuo bambino, comunque tieniti sotto la dose di sicurezza raccomandata di 200 mg al giorno (l’equivalente di due tazzine di espresso).
Leggi tutto “Caffeina in gravidanza e allattamento: tutto quello che devi sapere!”

Prepararsi al parto durante la pandemia

prepararsi al parto durante la pandemia

Molte donne si stanno chiedendo quale sia il modo migliore per prepararsi al parto durante la pandemia. In questo articolo troverai alcune considerazioni utili per capire come orientarti.

Principali problemi delle donne incinte durante la pandemia

A causa della pandemia di COVID-19, i centri nascita si sono riorganizzati per rispettare le normative volte a prevenire l’aumento dei contagi. Questo ha portato a due principali conseguenze per le donne incinte.

  1. La sospensione dei corsi pre-parto in presenza, sostituiti da corsi online che forniscono alle donne incinte le informazioni essenziali. Con questa diversa modalità purtroppo è più difficile creare una rete di sostegno tra future mamme.
  2. La limitazione degli accessi ai centri nascita. Spesso le donne che partoriscono non possono avere un accompagnatore durante il parto. Non possono nemmeno ricevere le visite di amici e familiari nei giorni di ricovero post-partum.

Vengono perciò meno occasioni preziose di confronto e di sostegno. Rispetto a prima della pandemia, quindi, una donna incinta o una neomamma possono sperimentare più facilmente vissuti di solitudine ed isolamento.

Questo quadro, unito alle altre preoccupazioni che la pandemia e la gravidanza comportano, predispone le donne incinte e le neo-mamme all’insorgenza o aggravamento di sintomi ansiosi e depressivi. Le donne più vulnerabili in questo senso sono quelle che hanno già sperimentato dei disturbi psicologici in precedenza.

Purtroppo i disturbi ansiosi e depressivi non hanno solo conseguenze negative sulla salute della donna. Ne possono risentire anche la relazione tra la madre e il bambino e quindi, a cascata, la salute del nuovo nato.

Di conseguenza, è urgente lavorare sulla prevenzione.

Una soluzione per prepararsi adeguatamente al parto durante la pandemia

Al giorno d’oggi un corso pre-parto online non può limitarsi a fornire alla donna competenze teoriche sul travaglio, sul parto, sulla gestione del dolore.

Alla normale preoccupazione per il parto e la maternità si aggiungono le aggravanti date dall’emergenza sanitaria mondiale e dall’isolamento. È quindi essenziale prevedere anche un adeguato supporto psicologico professionale volto a prevenire e gestire l’insorgenza di disturbi ansiosi e depressivi. Questo è ancora più valido per prevenire la psicopatologia post-partum nelle donne più a rischio: coloro che hanno già sofferto di disagio psicologico in precedenza.

Per una donna incinta durante questa pandemia è infatti ancora più importante:

  • rafforzare il proprio senso di competenza, la sua autostima e la sua autonomia.
  • conoscere e capire cosa succederà durante travaglio e parto e nel post-partum
  • imparare tecniche di gestione del dolore
  • imparare a gestire l’ansia da gravidanza in questo contesto storico
  • avere il sostegno di una figura professionale in grado di individuare e modificare i fattori di rischio per l’insorgenza di psicopatologia, riconoscere l’eventuale manifestarsi di disturbi psicologici e indirizzare un eventuale trattamento tempestivo, adeguato ed efficace.

La chiave è quindi integrare una preparazione per il parto con l’attenzione alla sfera emotiva e affettiva della futura mamma. La mia proposta in tal senso è un percorso di preparazione mediante l’ipnosi: il Training Ipnotico al Parto.

Ho paura del parto, aiuto! (Sarò mica tocofobica?)

paura del parto

Nel mondo occidentale una donna incinta su cinque ha paura del parto. Ma questa paura non colpisce solo le donne in stato interessante: si stima che a livello mondiale il 14% delle donne in età fertile abbia paura di partorire.

La paura del parto è un disturbo di tipo ansioso. Si può presentare con diversi livelli di severità, dal grado più lieve ad una forma grave e invalidante: la tocofobia (dal greco: tokos= parto + fobos = paura).

La paura del parto può essere:

  • primaria: può manifestarsi anche prima di rimanere incinta, fin dall’età adolescenziale.
  • secondaria: è conseguente a precedenti esperienze ostetriche traumatiche oppure alla depressione in gravidanza.
paura del parto

Perché insorge la paura del parto?

Fattori predisponenti

Ci sono dei fattori che possono predisporti alla paura del parto. In particolare possono essere fattori:

  • biologici, come la giovane età e avere una ridotta tolleranza al dolore.
  • psicologici, come essere una persona ansiosa, avere una bassa autostima, essere poco assertiva, soffrire di disturbi psichiatrici non correlati alla gravidanza, soffrire di depressione o altri problemi psicologici insorti in gravidanza, aver avuto esperienza di abuso sessuale o problemi sessuali, non avere adeguate conoscenze sulla gravidanza e sul parto.
  • ambientali: subire molto stress quotidianamente durante la gravidanza.
  • socio-relazionali: non avere supporto sociale, non avere un lavoro, avere un rapporto di coppia insoddisfacente, non convivere con il padre del bambino.

Cosa c’è dietro alla paura del parto

Gli studi hanno rilevato che la paura del parto ha origine multifattoriale. In particolare, le seguenti motivazioni sono alla base dell’insorgenza di questa paura:

  • Fobia del dolore e la convinzione di avere una bassa tolleranza alla sofferenza.
  • Paura che si riattivino eventi traumatici del passato (abusi, abbandoni).
  • Precedenti esperienze ostetriche negative che sono risultate traumatiche: parto traumatico (anche se può essere considerato normale dal punto di vista ostetrico), aborto spontaneo, morte fetale, interruzione volontaria di gravidanza.
  • Paura di essere incapace di dare la vita.
  • Il futuro padre del nascituro manifesta ansie e preoccupazioni.
  • Fobia di diventare madre.
  • Trasmissione familiare, anche attraverso le generazioni, del messaggio che il parto è un evento pericoloso, da temere.
  • Paura di vivere momenti di panico o perdita di controllo durante il parto.

Conseguenze della paura del parto

Le conseguenze della paura del parto si possono suddividere a seconda del momento temporale in cui avvengono.

Prima del parto

Le donne che hanno paura del parto tendono ad usare meticolosamente metodi anticoncezionali per evitare di rimanere incinta (anche se sentono il desiderio di avere un figlio). Alcune si sottopongono alla legatura delle tube o richiedono al partner di sottoporsi a vasectomia.

Nel caso in cui rimangano incinte, alcune donne affette da severa tocofobia hanno un disagio interiore talmente forte da scegliere di interrompere volontariamente la gravidanza al fine di evitare il parto.

Altre donne con paura del parto richiedono al ginecologo di programmare un taglio cesareo elettivo, anche se non ci sono indicazioni mediche. La possibilità di fare questa scelta è un argomento ancora controverso e dibattuto. Quando una donna presenta al ginecologo questa richiesta, deve essere ben informata sui benefici ed i rischi del parto cesareo elettivo. Rispetto al parto fisiologico, il cesareo d’elezione comporta, oltre ad una degenza ospedaliera più lunga, una aumentata incidenza di complicanze materne a breve termine, in particolare emorragie, isterectomia peripartum ed arresto cardiaco.

Durante il parto

Durante il parto, le donne con tocofobia presentano più alti livelli di ansia.

L’ansia aumenta la produzione di cortisolo, che devia la circolazione sanguigna dall’utero, accentua i dolori e riduce la produzione di ossitocina. Questa è essenziale nell’avviare e mantenere il travaglio, quindi il travaglio nella donna in preda alla paura può rallentare o addirittura interrompersi.

L’ansia nella donna può poi comportare ridotto apporto di ossigeno e nutrienti attraverso la placenta.

La madre che ha una grande sofferenza emotiva durante il parto tende inoltre a comportarsi in modo difensivo e/o aggressivo, invece che collaborativo. Questo ostacola il suo essere attiva nell’accompagnare alla nascita il bambino.

Infine, se alla madre vengono somministrati durante il travaglio farmaci per alleviare i sintomi ansiosi, questi possono influenzare anche il neonato.

Dopo il parto

L’ansia materna può causare un incremento dell’irritabilità e irrequietezza del bambino subito dopo la nascita.
Inoltre è correlata a ritardo nello sviluppo mentale e motorio a 8 mesi.
Vi sono infine evidenze che l’ansia materna renda il bambino più sensibile e vulnerabile all’ansia e ai disturbi depressivi in infanzia ed età adulta.

paura del parto

Soffri di tocofobia?

Di seguito troverai un elenco di situazioni che accomunano le donne che soffrono di tocofobia. Tuttavia, questo elenco ha esclusivamente uno scopo orientativo e non sostituisce una diagnosi fatta da un professionista della salute mentale.

Potresti soffrire di tocofobia se…

  • Fai incubi sul parto.
  • Ti lamenti molto dei disagi fisici della gravidanza.
  • Hai difficoltà di concentrazione sul lavoro o nelle attività domestiche.
  • Hai paura del dolore, delle ferite ostetriche, del taglio cesareo d’emergenza, dell’incompetenza dello staff, di morire durante il parto, di dare alla luce un bambino con problemi fisici o con una malformazione congenita.
  • Credi fermamente che il parto fisiologico sarebbe estremamente doloroso e sicuramente traumatico, ed eviti accuratamente di rimanere incinta (anche se lo desidereresti molto). Oppure, se sei già in dolce attesa, vorresti sottoporti ad una interruzione volontaria di gravidanza o ad un taglio cesareo programmato per evitare di partorire in modo fisiologico.
  • Hai paura che la gravidanza o il parto riattivino delle precedenti esperienze traumatiche (un abuso o un parto traumatico).

Cosa posso fare se ho paura del parto?

Innanzitutto rivolgiti ad un professionista della salute mentale (psicologo, psichiatra, psicoterapeuta) che possa aiutarti ad inquadrare la tua paura e fare eventualmente una diagnosi puntuale.
In seguito alla diagnosi, potresti ricadere in una delle seguenti situazioni.

Ho una lieve o moderata paura del parto

Sappi che sei in grado di fronteggiare autonomamente le tue ansie e le tue paure.
Come? Cercando informazioni, trovando sostegno all’interno della tua rete sociale o rivolgendoti al tuo medico di fiducia.
È importante che parli dei tuoi sentimenti (anche se non sei abituata o se pensi che non sia nel tuo carattere farlo) e che aumenti le tue conoscenze sulla gravidanza e sul parto. Per fare questo, la preparazione al parto è una fonte preziosa di aiuto.

Qualora, nonostante tutto questo, la tua situazione dovesse non migliorare, rivolgiti ad uno psicoterapeuta per ottenere l’aiuto di cui hai bisogno.

Soffro di tocofobia

Se la paura del parto è particolarmente invalidante, ti sarà utile rivolgerti al più presto ad uno psicoterapeuta per lavorare su più livelli:

Elaborare eventuali traumi pregressi: una tecnica utile a questo scopo è l’EMDR, che consente di elaborare i traumi in tempi rapidi.
– Trattare una eventuale depressione con psicoterapia ed eventuale terapia farmacologica.
– Fare un percorso di counseling per scegliere quale è per te il miglior modo per partorire.
– Fare una preparazione al parto mirata e personalizzata, che ti consenta non solo di acquisire tecniche di rilassamento e gestione del dolore, ma anche di raccogliere informazioni su come sarà il parto e acquisire competenze per affrontarlo al meglio in tutte le sue sfaccettature.

guarire dalla paura del parto

FONTI

Saisto T, Halmesmäki E. Fear of childbirth: a neglected dilemmaActa Obstet Gynecol Scand. 2003;82(3):201‐208.

Grussu P., Bramante A. Manuale di psicopatologia perinatale. Erickson ed.; pagg. 205-237

https://www.epicentro.iss.it/materno/LineeGuideCesareo2012

https://www.epicentro.iss.it/materno/pdf/LG_cesareo_comunicazione.pdf

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Il parto traumatico

Il parto traumatico

parto traumatico

Il mio parto è stato traumatico

Fra le donne che hanno partorito, una su tre (il 33%) riferisce di aver vissuto un parto traumatico. Questo può accadere perché la donna ha sperimentato:

  • una situazione oggettivamente traumatica in cui la vita o l’integrità fisica di mamma e bimbo sono stati davvero a rischio (come un parto operativo o cesareo d’emergenza);
  • eventi percepiti soggettivamente come traumatici, anche se il parto è risultato fisiologico dal punto di vista ostetrico.

I disturbi legati all’aver vissuto un parto traumatico si risolvono, nella maggior parte dei casi nell’arco di qualche settimana. Se però noti che continui a stare male anche oltre il primo mese dal parto, potresti soffrire di disturbo da stress post-traumatico correlato al parto: una condizione invalidante che può portare ad un significativo peggioramento della qualità della vita per te e per il tuo bambino.

Soffri di di PTSD correlato a parto traumatico?

Un quarto (25%) delle donne che hanno vissuto un parto traumatico sviluppa in modo conclamato un PTSD (disturbo da stress post-traumatico) manifestando i seguenti sintomi (non necessariamente tutti, ma almeno uno per punto) da più di 30 giorni:

  • Rivivere il parto traumatico con incubi, immagini intrusive, flash-back, percezioni negative e rabbia.
  • Avere paura del parto (o addirittura soffrire di tocofobia); evitare qualsiasi esperienza/oggetto/persona/situazione ricordi il parto traumatico; evitare ulteriori gravidanze o preferire un cesareo elettivo per partorire.
  • Alterazioni dell’umore (diminuzione dell’interesse per le attività; diminuzione nell’espressività delle emozioni; sentirsi alienate, distaccate, provare un senso di estraneità; provare sentimenti persistenti di paura, rabbia, terrore, senso di colpa, vergogna) e della cognizione (problemi di memoria, aspettative e credenze negative persistenti su se stesse) .
  • Disturbi del sonno; difficoltà di concentrazione; aumentata irritabilità, aggressività e reattività; comportamenti autodistruttivi o spericolati.
parto traumatico

Come curare il PTSD correlato al parto

Per le donne che si ritrovano profondamente segnate da un parto traumatico è importante elaborare il prima possibile questo trauma mediante un percorso psicoterapeutico (una delle metodiche d’elezione indicate per il trattamento del PTSD è l’EMDR), affinché l’evento non provochi conseguenze pesanti sulla vita della madre e, quindi, sulla relazione con il bambino. Superare il trauma favorirà così l’instaurarsi di una maternità positiva.

Devo partorire: sono a rischio di sviluppare un PTSD da parto traumatico?

Sei più a rischio di sviluppare un PTSD da parto se:

  • Precedentemente al parto:
    • hai avuto problemi psichiatrici, e in particolare la depressione e/o una precedente storia di PTSD, anche correlati ad un precedente parto traumatico;
    • sei una persona generalmente ansiosa;
    • hai delle patologie correlate alla gravidanza;
    • hai una gravidanza indesiderata;
    • sei stata vittima di violenza sessuale.
  • Durante il parto:
    • hai provato paura per te stessa o per il neonato;
    • hai subito eventi oggettivamente traumatici (come un cesareo urgente o un parto operativo vaginale);
    • desideri fortemente mantenere il controllo;
    • le tue aspettative riguardo alla nascita del tuo bambino vengono deluse;
    • non hai supporto;
    • percepisci un dolore eccessivo e non gestibile durante il travaglio.
  • Successivamente al parto:
    • non hai supporto da parte di famiglia e amici ;
    • il tuo bambino presenta dei problemi (in particolare se il suo peso alla nascita è inferiore a 1 Kg).

Come prevenire il PTSD correlato al parto

È vero che alcuni fattori che predispongono ad avere un parto traumatico e un conseguente disturbo da PTSD sono non modificabili e non prevedibili, ma si può comunque fare della prevenzione per far sì che quello che succederà non segni profondamente.

  • Dal punto di vista fisico: prenditi cura della tua salute e della salute del tuo bambino e fai scelte sanitarie adeguate a te ma in modo davvero informato, collaborando con il personale sanitario che ti segue;
  • Dal punto di vista psicologico,
    • Cerca il supporto della tua rete sociale.
    • Se hai già sofferto in passato di depressione o PTSD in generale, fatti accompagnare da un professionista della salute mentale che ti aiuti a valutare il tuo livello di equilibrio psicologico ed a trattare eventuali scompensi.
    • Tratta eventuali tocofobia o PTSD correlato a parti precedenti con l’aiuto di uno psicoterapeuta (una metodica indicata in questo ambito è l’EMDR).
    • Preparati al parto con un metodo che ti insegni come affrontare travaglio e parto dal punto di vista pratico ma che favorisca anche il mantenimento del tuo equilibrio psicologico mediante rinforzo delle tue risorse interiori (come il Training Ipnotico al Parto).

Se hai dubbi, domande, curiosità o se vuoi espormi la tua situazione, contattami!

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PTSD Disordine da Stress Post-Traumatico nel puerperio: risultati di una indagine conoscitiva su 46 madri presso l’Istituto Ostetrico-Ginecologico Luigi Mangiagalli di Milano / B. Cigoli, C. Maggioni, D.Calistri. – [s.l] : null, 2007 Sep 20.

Grussu P., Bramante A. Manuale di psicopatologia perinatale. Erickson ed.

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Maternità positiva: la ricetta perfetta e i tre ingredienti segreti

Maternità positiva: la ricetta perfetta e i tre ingredienti segreti

Proprio come ogni pietanza che si rispetti, anche la maternità ha tante ricette diverse: si può dire che esiste una ricetta per ogni mamma. Queste ricette hanno alcuni ingredienti in comune (il pancione, per dirne uno!), ma ci sono tre ingredienti segreti che danno alla maternità quel tocco in più e la rendono positiva.

Che la tua maternità sia stata cercata o meno, se ora stai leggendo questo articolo probabilmente ti stai chiedendo come puoi trarre il massimo da questa esperienza. Seguimi in questa metafora e immagina di trovarti a dover cucinare una pietanza nel modo migliore possibile.

Quando dobbiamo cucinare (possibilmente bene) qualcosa, ci imbarchiamo in un piccolo progetto (a volte anche assurdamente impegnativo!). A volte capita di fare le cose un po’ a caso ed avere risultati sorprendenti, ma diciamoci la verità…la maggior parte delle volte facendo le cose a caso i risultati non sono granché. Se invece vogliamo andare sul sicuro, sappiamo che facciamo bene a seguire una ricetta, possibilmente già testata e valida.

Per questo voglio parlarti della ricetta perfetta per una maternità positiva.

Per una maternità positiva

Cosa vuol dire maternità positiva

Quando cucini, per la buona riuscita della pietanza è importante sapere in partenza cosa vuoi ottenere. Vale lo stesso per la maternità. Se per una ricetta culinaria l’obiettivo è creare una pietanza appetitosa/sana/scenografica/ecc, quale potrebbe essere un obiettivo sensato per una donna incinta? Vivere una maternità positiva. Con “maternità” si intendono gravidanza, travaglio, parto, post-partum e relazione madre-bambino; ma cosa si intende con “positiva”?

Premettiamo che vivere una maternità positiva non significa assolutamente essere sempre felici, sempre positive o stare sempre bene. Se è vero che alcune donne vivono la gravidanza e la maternità come se vivessero su una nuvoletta, è altrettanto vero che per molte donne, per una gran varietà di motivi, può non essere un periodo così roseo e felice: problemi fisici davvero fastidiosi o addirittura invalidanti, ansia, preoccupazioni, pesanti sbalzi d’umore, paura per il futuro… Quindi cerchiamo di essere pratiche e non idealizzare la maternità. Guardiamola con sguardo lucido e realistico. Per farlo ci viene in aiuto l’OMS.

La maternità positiva secondo l’OMS

maternità positiva

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, oppure WHO in inglese) sostiene che ciascun essere umano ha il diritto fondamentale di godere dei migliori standard possibili nell’ambito della salute. La salute viene definita dall’OMS come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale (e non quindi solo l’assenza di disagio o infermità).

Quindi secondo l’OMS la ricetta perfetta per una maternità positiva consiste nell’avere la possibilità di condurre la gravidanza e partorire in modo sicuro per la mamma e per il bambino. Questo permette, grazie alle conoscenze scientifiche che si hanno al momento, di prevenire molte complicanze sia nell’ambito fisico che in quello psicologico.

L’OMS individua quindi una problematica aperta: le condizioni della donna che deve partorire devono essere migliorate.

Dal punto di vista fisico, negli ultimi anni le donne stanno prendendo sempre più coscienza delle loro responsabilità e dei loro diritti: seguire determinate indicazioni dietetiche, sottoporsi a regolari analisi e controlli ostetrico-ginecologici, sapere di poter fornire il consenso informato alle procedure invasive durante il travaglio ed il parto…

L’ambito psicologico invece è spesso trascurato: dalle istituzioni, dagli operatori sanitari, ma anche e soprattutto dalla donna stessa, che non sa cosa significhi davvero avere il diritto alla salute psicologica, oltre che a quella fisica.

La futura madre deve quindi essere messa nella condizione di vivere positivamente la maternità a tutto tondo. Per fare questo è quindi importante ed urgente sensibilizzare l’opinione pubblica e le donne stesse sulle buone pratiche, le strategie, la prevenzione e le terapie per garantire la salute fisica e psicologica delle future mamme.

Ingredienti “standard”

Ora che abbiamo compreso cosa vuol dire “maternità positiva”, possiamo parlare degli ingredienti che la compongono.

Gli ingredienti principali sono ovviamente:

  • una donna;
  • uno (o più) bebé in arrivo;
  • il parto: può essere fisiologico, operativo o cesareo. È un momento particolare che separa nettamente un prima in cui il bambino è dentro di te da un dopo in cui il bambino è fuori di te.

Altri ingredienti, non indispensabili ma che possono risultare molto utili, sono:

  • la presenza di un partner di supporto;
  • una rete di supporto (familiari, amici) che sappia sostenere e aiutare la donna senza essere invadente, concedendo la giusta autonomia;
  • un contesto sociale che offra risorse utili e accessibili (ad esempio il servizio sanitario pubblico).

Procedimento per una maternità positiva

Come nelle migliori ricette, ecco quindi di seguito un elenco dettagliato di passaggi davvero fondamentali per vivere questa fase della vita nel miglior modo possibile.

Durante tutta la maternità

Sfrutta le risorse che hai a disposizione per prenderti cura del benessere fisico tuo e del tuo bambino (procedure di prevenzione, screening, visite mediche, analisi del sangue, vaccini, …).

Instaura una connessione ed una relazione di cura con il tuo bambino.

Assicurati di avere a disposizione le risorse (interne ed esterne) per affrontare eventuali imprevisti, anche negativi, con capacità di adattamento.

In gravidanza

Affronta in modo maturo, attivo e consapevole i cambiamenti e gli eventuali problemi fisici, psicologici e relazionali che la gravidanza e il parto comportano. Se c’è un problema, non nascondere la testa sotto la sabbia: informati e chiedi aiuto!

Sfrutta questo momento per prepararti al parto e all’arrivo del bambino, non solo dal punto di vista pratico, ma anche psicologico.

Durante il parto

Preparati nel miglior modo possibile per il travaglio ed il parto:
informati sulle fasi del parto e sulle procedure ostetrico-ginecologiche a disposizione
– impara a gestire il dolore delle contrazioni
– informati sulla violenza ostetrica e come affrontarla
– scegli per tempo chi si prenderà cura di te in questo momento e impara ad affidartici (con il giusto spirito critico).

Dopo il parto

Informati e fai le tue scelte riguardo all’allattamento, ma sii flessibile.

Segui il programma di controlli post-partum che ti viene consigliato da chi ti ha seguita durante la gravidanza e il parto.

Impara a riconoscere i sintomi dei disturbi del post partum (baby blues, depressione, PTSD, psicosi) per chiedere aiuto nel caso si presentassero.

I tre ingredienti segreti di una maternità positiva

Chissà, ogni tanto vi sarà capitato di assaggiare un piatto e dire: “Questo piatto è proprio speciale!”, cercando di indovinare qual è quell’ingrediente che gli dà quel tocco in più. Allo stesso modo, a volte ci si trova davanti a donne che vivono naturalmente la maternità in un modo davvero speciale, e ci si chiede “Ma come fanno?”.

L’OMS indica esplicitamente tre “ingredienti segreti” (che poi tanto segreti non sono!) da inserire nella ricetta perfetta per una maternità positiva. Questi ingredienti facilitano tutti i passaggi del procedimento descritto nel paragrafo precedente (e in generale sono ottimi pilastri su cui basare la propria vita).

Un buon livello di autostima materna.

Saperci fare come mamma (o competenza materna).

Essere capace di fare scelte autonome come madre.

Se sei curiosa di capire meglio come vivere una maternità positiva, leggi subito come migliorare l’autostima materna!

FONTI

https://www.who.int/reproductivehealth/intrapartum-care/en/

http://www.euro.who.int/en/health-topics/Life-stages/maternal-and-newborn-health/activities-and-tools/effective-perinatal-care-epc-training-package/epc-training-maternal-health-modules-modules-mo/1mo.-antenatal-care

Downe S, Finlayson K, Tunçalp Ӧ, Metin Gülmezoglu A. “What matters to women: a systematic scoping review to identify the processes and outcomes of antenatal care provision that are important to healthy pregnant women“. BJOG. 2016;123(4):529‐539. doi:10.1111/1471-0528.13819

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Hypnobirthing o Training Ipnotico al Parto?

hypnobirthing

Leggi questo articolo se vuoi capire la differenza tra hypnobirthing e Training Ipnotico al Parto.

Cosa sono hypnobirthing e Training Ipnotico al Parto

Per hypnobirthing si intende l’uso di tecniche ipnotiche durante il travaglio. Nei corsi di hypnobirthing si insegnano alle donne tecniche di vario tipo (tra cui visualizzazioni, uso di affermazioni sulla gravidanza e sul parto, rilassamento, respirazioni profonde, auto-ipnosi e mindfulness) che potranno essere utilizzate durante il travaglio per gestire il dolore e lo stress emotivo del momento. In questo sistema, la donna durante il travaglio utilizza l’auto-ipnosi come se fosse un farmaco.

Nel Training Ipnotico al Parto la donna in dolce attesa viene preparata dal terapeuta nelle settimane precedenti il parto, mediante una psico-educazione sulle varie fasi del travaglio e mediante tecniche ipnotiche il cui obiettivo è agire ad un livello profondo. L’ipnosi indotta dal terapeuta (etero-ipnosi) viene quindi usata durante il Training per rendere la donna autonoma nel gestire le proprie sensazioni corporee e modulare la percezione del dolore, che viene spogliato da ogni sua componente ansiosa e psicologica.

Hypnobirthing e Training Ipnotico al Parto: punti in comune

L’origine storica

Padre inconsapevole dell’hypnobirthing e del training ipnotico al parto fu un ginecologo inglese, Grantly Dick-Read (1890-1959). Egli divulgò in tutto il mondo le sue idee innovative ed all’avanguardia sul parto naturale con il libro “Childbirth Without Fear: The Principles and Practice of Natural Childbirth” (1942).

In un’epoca in cui era estremamente diffuso l’utilizzo di analgesia ed anestesia durante il parto, egli affermò in base alle sue osservazioni che un parto naturale (non complicato) senza dolore era possibile, tenendo in considerazione lo stato emotivo della donna in gravidanza. Mise così a fuoco la rilevanza della componente psicologica del dolore nel travaglio.

La descrizione delle tecniche usate da Grantly Dick-Read corrispondeva invece esattamente alle modalità con cui un ipnoterapeuta moderno induceva lo stato di trance. L’innovatività scientifica dei concetti divulgati da Dick-Read e le similitudini del suo metodo con l’ipnosi moderna attrassero quindi gli ipnoterapeuti europei dell’epoca.

In Italia Giampiero Mosconi (1921-2010), fondatore dell’Associazione Medica Italiana Studi sull’Ipnosi (AMISI) e della Scuola Europea di Psicoterapia Ipnotica (SEPI), accolse e sviluppò queste idee. Egli praticò nel 1957 il primo parto in ipnosi e l’anno successivo la prima laparotomia in ipnosi. Fu così che nacque l’ipnostetricia.

Nel tempo Mosconi comprese che l’ipnosi non avrebbe dovuto essere usata per dissociare totalmente la donna in travaglio. Sarebbe stato più utile per la donna partorire modulando il proprio stato di coscienza. Avrebbe potuto così cogliere quei segnali interni che indicano i vari momenti del parto e rispondervi in autonomia. Questo le avrebbe permesso di vivere attivamente il proprio travaglio.

Fu così che, a partire da un utilizzo quasi farmacologico dell’ipnosi come anestetico, si sviluppò l’idea di un training ipnotico al parto.

Gli obiettivi

Indubbiamente hypnobirthing e Training Ipnotico al Parto condividono i seguenti obiettivi:

  • permettere alla donna di sentirsi coinvolta attivamente nella nascita del proprio figlio;
  • consentire alla donna di avere un senso di controllo e consapevolezza della situazione;
  • ridurre l’ansia;
  • permettere il controllo del dolore.

Differenze tra hypnobirthing e Training Ipnotico al Parto

Diffusione geografica

Il training ipnotico al parto in Italia vanta quindi una storia ben radicata, eppure la sua diffusione non è ancora capillare.

L’hypnobirthing è invece diffuso negli Stati Uniti ma soprattutto nel Regno Unito. Qui è adottato dal sistema sanitario nazionale (NHS) come preparazione al parto per il controllo del dolore.

Il ruolo dell’ipnosi

Mentre nei corsi di hypnobirthing vengono insegnate delle tecniche di auto-ipnosi che servono alla donna a gestire il dolore nel momento del travaglio, durante le sedute di Training Ipnotico al Parto la donna vive i futuri momenti del travaglio e del parto posta in uno stato di trance ipnotica, guidata dal terapeuta (etero-ipnosi). L’ipnosi è quindi usata nel Training Ipnotico come un metodo psicologico di preparazione al parto. Vivendo queste esperienze in stato di trance ipnotica la donna diventa in grado di

  • riconoscere le proprie sensazioni corporee e rispondervi adeguatamente
  • essere consapevole dei propri bisogni in modo puntuale
  • acquisire tecniche di gestione del dolore
  • ridurre e gestire ansia, paura ed insicurezza (responsabili di vissuti traumatici durante il parto).

Con il Training Ipnotico al Parto la donna vivrà così un percorso che la renderà più consapevole di se stessa e delle sue capacità innate di partorire, permettendole di vivere attivamente il parto ed esserne protagonista, equilibrando eventuali disfunzioni emozionali, avviando la genitorialità, prevenendo la temuta depressione post-partum e l’insorgenza di disturbo post traumatico da stress correlato al parto.

Le qualifiche del trainer

Nel Regno Unito e negli US ci sono molti corsi, della durata di alcuni giorni, che permettono di ottenere il certificato di insegnante di hypnobirthing senza particolari prerequisiti. Alcuni degli insegnanti certificati da tali corsi operano anche in Italia.

Il Training Ipnotico al Parto deve essere invece obbligatoriamente svolto da un professionista sanitario (laureato in medicina o psicologia, specializzato in psicoterapia ed iscritto al relativo ordine professionale) qualificato nell’utilizzo clinico dell’ipnosi. Questo garantisce alla donna che si approccia al Training Ipnotico al Parto una personalizzazione dell’esperienza con alti standard qualitativi e di sicurezza in caso di problematiche emozionali.


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FONTI

Ipnosi neo-ericksoniana: la psicoterapia e il training ipnotico, Giampiero Mosconi, 2008

https://www.nct.org.uk/labour-birth/getting-ready-for-birth/hypnobirthing-where-start

Beevi Z, Low WY, Hassan J. The Effectiveness of Hypnosis Intervention for Labor: An Experimental Study. Am J Clin Hypn. 2017;60(2):172-191. doi:10.1080/00029157.2017.1280659

Oster MI. Psychological preparation for labor and delivery using hypnosis. Am J Clin Hypn. 1994;37(1):12-21. doi:10.1080/00029157.1994.10403105

Landolt AS, Milling LS. The efficacy of hypnosis as an intervention for labor and delivery pain: a comprehensive methodological review. Clin Psychol Rev. 2011;31(6):1022-1031. doi:10.1016/j.cpr.2011.06.002

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