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Ho paura del parto, aiuto! (Sarò mica tocofobica?)

paura del parto

Nel mondo occidentale una donna incinta su cinque ha paura del parto. Ma questa paura non colpisce solo le donne in stato interessante: si stima che a livello mondiale il 14% delle donne in età fertile abbia paura di partorire.

La paura del parto è un disturbo di tipo ansioso. Si può presentare con diversi livelli di severità, dal grado più lieve ad una forma grave e invalidante: la tocofobia (dal greco: tokos= parto + fobos = paura).

La paura del parto può essere:

  • primaria: può manifestarsi anche prima di rimanere incinta, fin dall’età adolescenziale.
  • secondaria: è conseguente a precedenti esperienze ostetriche traumatiche oppure alla depressione in gravidanza.
paura del parto

Perché insorge la paura del parto?

Fattori predisponenti

Ci sono dei fattori che possono predisporti alla paura del parto. In particolare possono essere fattori:

  • biologici, come la giovane età e avere una ridotta tolleranza al dolore.
  • psicologici, come essere una persona ansiosa, avere una bassa autostima, essere poco assertiva, soffrire di disturbi psichiatrici non correlati alla gravidanza, soffrire di depressione o altri problemi psicologici insorti in gravidanza, aver avuto esperienza di abuso sessuale o problemi sessuali, non avere adeguate conoscenze sulla gravidanza e sul parto.
  • ambientali: subire molto stress quotidianamente durante la gravidanza.
  • socio-relazionali: non avere supporto sociale, non avere un lavoro, avere un rapporto di coppia insoddisfacente, non convivere con il padre del bambino.

Cosa c’è dietro alla paura del parto

Gli studi hanno rilevato che la paura del parto ha origine multifattoriale. In particolare, le seguenti motivazioni sono alla base dell’insorgenza di questa paura:

  • Fobia del dolore e la convinzione di avere una bassa tolleranza alla sofferenza.
  • Paura che si riattivino eventi traumatici del passato (abusi, abbandoni).
  • Precedenti esperienze ostetriche negative che sono risultate traumatiche: parto traumatico (anche se può essere considerato normale dal punto di vista ostetrico), aborto spontaneo, morte fetale, interruzione volontaria di gravidanza.
  • Paura di essere incapace di dare la vita.
  • Il futuro padre del nascituro manifesta ansie e preoccupazioni.
  • Fobia di diventare madre.
  • Trasmissione familiare, anche attraverso le generazioni, del messaggio che il parto è un evento pericoloso, da temere.
  • Paura di vivere momenti di panico o perdita di controllo durante il parto.

Conseguenze della paura del parto

Le conseguenze della paura del parto si possono suddividere a seconda del momento temporale in cui avvengono.

Prima del parto

Le donne che hanno paura del parto tendono ad usare meticolosamente metodi anticoncezionali per evitare di rimanere incinta (anche se sentono il desiderio di avere un figlio). Alcune si sottopongono alla legatura delle tube o richiedono al partner di sottoporsi a vasectomia.

Nel caso in cui rimangano incinte, alcune donne affette da severa tocofobia hanno un disagio interiore talmente forte da scegliere di interrompere volontariamente la gravidanza al fine di evitare il parto.

Altre donne con paura del parto richiedono al ginecologo di programmare un taglio cesareo elettivo, anche se non ci sono indicazioni mediche. La possibilità di fare questa scelta è un argomento ancora controverso e dibattuto. Quando una donna presenta al ginecologo questa richiesta, deve essere ben informata sui benefici ed i rischi del parto cesareo elettivo. Rispetto al parto fisiologico, il cesareo d’elezione comporta, oltre ad una degenza ospedaliera più lunga, una aumentata incidenza di complicanze materne a breve termine, in particolare emorragie, isterectomia peripartum ed arresto cardiaco.

Durante il parto

Durante il parto, le donne con tocofobia presentano più alti livelli di ansia.

L’ansia aumenta la produzione di cortisolo, che devia la circolazione sanguigna dall’utero, accentua i dolori e riduce la produzione di ossitocina. Questa è essenziale nell’avviare e mantenere il travaglio, quindi il travaglio nella donna in preda alla paura può rallentare o addirittura interrompersi.

L’ansia nella donna può poi comportare ridotto apporto di ossigeno e nutrienti attraverso la placenta.

La madre che ha una grande sofferenza emotiva durante il parto tende inoltre a comportarsi in modo difensivo e/o aggressivo, invece che collaborativo. Questo ostacola il suo essere attiva nell’accompagnare alla nascita il bambino.

Infine, se alla madre vengono somministrati durante il travaglio farmaci per alleviare i sintomi ansiosi, questi possono influenzare anche il neonato.

Dopo il parto

L’ansia materna può causare un incremento dell’irritabilità e irrequietezza del bambino subito dopo la nascita.
Inoltre è correlata a ritardo nello sviluppo mentale e motorio a 8 mesi.
Vi sono infine evidenze che l’ansia materna renda il bambino più sensibile e vulnerabile all’ansia e ai disturbi depressivi in infanzia ed età adulta.

paura del parto

Soffri di tocofobia?

Di seguito troverai un elenco di situazioni che accomunano le donne che soffrono di tocofobia. Tuttavia, questo elenco ha esclusivamente uno scopo orientativo e non sostituisce una diagnosi fatta da un professionista della salute mentale.

Potresti soffrire di tocofobia se…

  • Fai incubi sul parto.
  • Ti lamenti molto dei disagi fisici della gravidanza.
  • Hai difficoltà di concentrazione sul lavoro o nelle attività domestiche.
  • Hai paura del dolore, delle ferite ostetriche, del taglio cesareo d’emergenza, dell’incompetenza dello staff, di morire durante il parto, di dare alla luce un bambino con problemi fisici o con una malformazione congenita.
  • Credi fermamente che il parto fisiologico sarebbe estremamente doloroso e sicuramente traumatico, ed eviti accuratamente di rimanere incinta (anche se lo desidereresti molto). Oppure, se sei già in dolce attesa, vorresti sottoporti ad una interruzione volontaria di gravidanza o ad un taglio cesareo programmato per evitare di partorire in modo fisiologico.
  • Hai paura che la gravidanza o il parto riattivino delle precedenti esperienze traumatiche (un abuso o un parto traumatico).

Cosa posso fare se ho paura del parto?

Innanzitutto rivolgiti ad un professionista della salute mentale (psicologo, psichiatra, psicoterapeuta) che possa aiutarti ad inquadrare la tua paura e fare eventualmente una diagnosi puntuale.
In seguito alla diagnosi, potresti ricadere in una delle seguenti situazioni.

Ho una lieve o moderata paura del parto

Sappi che sei in grado di fronteggiare autonomamente le tue ansie e le tue paure.
Come? Cercando informazioni, trovando sostegno all’interno della tua rete sociale o rivolgendoti al tuo medico di fiducia.
È importante che parli dei tuoi sentimenti (anche se non sei abituata o se pensi che non sia nel tuo carattere farlo) e che aumenti le tue conoscenze sulla gravidanza e sul parto. Per fare questo, la preparazione al parto è una fonte preziosa di aiuto.

Qualora, nonostante tutto questo, la tua situazione dovesse non migliorare, rivolgiti ad uno psicoterapeuta per ottenere l’aiuto di cui hai bisogno.

Soffro di tocofobia

Se la paura del parto è particolarmente invalidante, ti sarà utile rivolgerti al più presto ad uno psicoterapeuta per lavorare su più livelli:

Elaborare eventuali traumi pregressi: una tecnica utile a questo scopo è l’EMDR, che consente di elaborare i traumi in tempi rapidi.
– Trattare una eventuale depressione con psicoterapia ed eventuale terapia farmacologica.
– Fare un percorso di counseling per scegliere quale è per te il miglior modo per partorire.
– Fare una preparazione al parto mirata e personalizzata, che ti consenta non solo di acquisire tecniche di rilassamento e gestione del dolore, ma anche di raccogliere informazioni su come sarà il parto e acquisire competenze per affrontarlo al meglio in tutte le sue sfaccettature.

guarire dalla paura del parto

FONTI

Saisto T, Halmesmäki E. Fear of childbirth: a neglected dilemmaActa Obstet Gynecol Scand. 2003;82(3):201‐208.

Grussu P., Bramante A. Manuale di psicopatologia perinatale. Erickson ed.; pagg. 205-237

https://www.epicentro.iss.it/materno/LineeGuideCesareo2012

https://www.epicentro.iss.it/materno/pdf/LG_cesareo_comunicazione.pdf

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Migliorare la tua autostima: i 5 step fondamentali

Il parto traumatico

Migliorare la tua autostima: i 5 step fondamentali

Avere una buona opinione di se stessi è importante per proteggere il benessere psicologico. Per questo è utile che tu sappia come migliorare la tua autostima.

L’autostima è, come dice la parola stessa, una “stima di noi stessi”, ovvero una valutazione di quelle che noi crediamo essere le nostre caratteristiche e capacità personali. È importante quindi notare che l’autostima è un giudizio di valore (positivo o negativo) che si basa su qualcosa di soggettivo (cioè su come ci percepiamo) e che ha un influsso emotivo su noi stessi.

Per semplificare, è come se ci guardassimo riflessi ad uno specchio e dicessimo, sulla base di quello che vediamo (non solo dal punto di vista estetico, ma globale): “Vado bene/Non vado bene”.

autostima è un giudizio su ciò che vediamo guardandoci metaforicamente allo specchio

Diamo questo giudizio sulla base della nostra tendenza a conformarci a dei canoni: tendiamo quindi a fare un paragone tra ciò che vediamo allo specchio e ciò che vorremmo vedere, ma non solo! Compariamo la nostra immagine riflessa anche con ciò che, secondo noi, dovremmo vedere.

Perché bisognerebbe migliorare una bassa autostima?

I problemi dell’autostima insorgono nel momento in cui ci diamo un giudizio negativo perché c’è una discrepanza tra come noi ci percepiamo e chi vogliamo essere e/o sentiamo di dover essere. Quanto maggiore è questa discrepanza, tanto più bassa sarà l’autostima.

Se soffri di bassa autostima, puoi ritrovarti in una o più delle seguenti frasi:

  • non ti apprezzi;
  • hai la tendenza ad auto-sabotarti;
  • sei più vulnerabile alle malattie psichiatriche (disturbo depressivo maggiore, episodi maniacali o ipomaniacali, distimia, disordini dissociativi, anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbi di personalità borderline, narcisistico ed evitante);
  • adotti comportamenti che comportano problemi sociali (ad esempio comportamenti violenti);
  • adotti comportamenti che mettono a rischio la tua salute e la tua vita (ad esempio gesti impulsivi oppure abuso di sostanze stupefacenti).

Queste condizioni portano a grande sofferenza psicologica e spesso anche a problemi di natura relazionale, legale, di salute. Ecco perché ti conviene migliorare la tua autostima. Nessuno potrà prometterti che sarà facile o veloce, ma è sicuramente possibile.

Come migliorare la tua autostima

Avere una buona autostima è un meccanismo di difesa che promuove il benessere proteggendo l’equilibrio interiore da fattori stressanti e negativi.

Un’autostima positiva infatti è associata al benessere mentale, alla capacità di adattarsi, alla felicità, al successo, alla soddisfazione e alla capacità di riprendersi in seguito a seri problemi di salute.

Avere una buona autostima vuol dire avere dentro di sé una base stabile che ci consente di vivere in modo il più possibile continuativo sentimenti ed emozioni quali:

  • senso di sicurezza;
  • dignità;
  • tranquillità;
  • soddisfazione;
  • entusiasmo;
  • appagamento.

Arrivare ad un’auto-valutazione globalmente positiva su se stessi si può. Bisogna innanzitutto volerlo. E poi bisogna lavorarci, da soli o guidati da uno psicoterapeuta.

Ecco i cinque step fondamentali per migliorare la tua autostima.

1. Assumi il controllo

La tua autostima non potrà mai migliorare se non percepisci di avere il controllo della tua vita.

Questo significa che devi diventare il primo promotore della tua stessa autonomia. Sei tu che decidi cosa è meglio per te, sei tu che hai la capacità di regolarti da solo.

Certo, questo comporta delle responsabilità, e le responsabilità possono spaventare. Ma non delegare a nessuno questi importantissimi compiti. Se seguirai i punti successivi, sarà impossibile sbagliare, e la tua autostima ne trarrà giovamento.

2. Smettila di paragonarti agli altri

Il continuo paragone e confronto con gli altri ha, nella nostra evoluzione personale, un importante ruolo: riconoscendo le somiglianze e le differenze rispetto agli altri, noi ci facciamo un’idea sempre più precisa di noi stessi. La deduzione importantissima che ne consegue è che tu sei unico. E questo non apporta di per sé un valore positivo o negativo. È un dato di fatto.

Capisci quindi che è pericoloso basare la tua autostima sull’essere migliore di qualcuno in qualcosa (ovvero sul risultato, sulla performance)? Perché se è vero che a volte ci possiamo sforzare per fare alcune migliorie, altre volte non possiamo farci nulla! Quindi cederesti il controllo della tua vita ad un fattore esterno.

E se i risultati non arrivano, la tua autostima che fine fa?

Ma poi, quante energie e tempo sprechi nel tentativo di raggiungere un risultato che innalzi (magari temporaneamente) la tua autostima? Energie che sarebbero meglio direzionate nell’attuare i seguenti step per costruirti una solida, buona autostima non basata sulla performance.

3. Distogli l’attenzione dallo specchio e portala dentro di te

Lo specchio che riflette la nostra immagine è composto dalle risposte degli altri alla nostra presenza e ai nostri comportamenti: il ruolo principale lo detengono i genitori (o chi si è preso cura di noi durante l’infanzia), seguiti a ruota dai parenti stretti, dalle altre persone importanti nella nostra vita e poi dagli “altri” in generale.

Gli altri ci permettono di specchiarci

Quindi possiamo dire che impariamo a conoscerci grazie a ciò che vediamo negli occhi di chi ci guarda.

Queste persone ci hanno restituito un’immagine filtrata dalla loro esperienza personale, dai loro gusti, dalle loro opinioni, dai loro valori, dal loro carattere. Se fossero davvero specchi, potrebbero presentare tre caratteristiche potenzialmente letali per la nostra autostima:

  • La superficie dello specchio potrebbe non essere sufficientemente piana: gli altri ci restituiscono qualcosa che può distorcere la realtà.
  • Spesso la superficie dello specchio non sa di essere riflettente: molte persone non sanno che il modo in cui ci rispecchiano può avere influenze pesanti sulla nostra autostima. Chissà quante persone si comporterebbero diversamente se sapessero che quello che trasmettono ai figli tramite le loro reazioni è determinante per accrescerne l’autostima!
  • Purtroppo, a volte, la superficie in cui ci specchiamo può essere rotta: in questo caso non solo ci vediamo distorti, ma potremmo anche non avere una visuale completa. È il caso dei figli di genitori con severe problematiche di personalità, relazionali e psichiatriche, fra i quali la bassa autostima e un senso di Sè frammentario e non integrato sono molto diffusi.

Spesso per orientarci facciamo affidamento su sentimenti, emozioni e pensieri degli altri (i nostri “specchi”), comportandoci in modo da adeguarci alle loro aspettative, ma in questo modo inibiamo l’espressione della nostra personalità e il suo sviluppo. Per avere una sana autostima bisogna invece avere la consapevolezza dei propri sentimenti, delle proprie emozioni e dei propri pensieri. Comincia quindi a conoscere il tuo mondo interiore e a dargli importanza. Chiediti: ma io cosa provo in questa situazione? Cosa ne penso? Cosa mi piace davvero? E, soprattutto, rispondi sinceramente.

Per aumentare la tua autostima devi conoscerti intimamente.

4. Per migliorare la tua autostima, risolvi i tuoi conflitti

Quando senti di essere lontano da ciò che credi di volere e/o dover essere, il giudizio su di te vira verso il negativo. L’autostima quindi si abbassa e si crea dentro di te un conflitto che è fonte di emozioni negative.

Sentire di non essere chi pensiamo di voler essere ci fa sentire frustrati, depressi, delusi.

Sentire di non essere chi crediamo di dover essere ci fa sentire in ansia, in colpa, in imbarazzo, ci fa vergognare.

Per aumentare la tua autostima, risolvi i conflitti fra ciò che pensi di essere e ciò che vuoi/senti di dover essere.

Questo conflitto va risolto per consentirti di migliorare la tua autostima.

Per farlo, la maggior parte delle volte bisogna essere disposti a modificare la propria lista di valori, bisogni e obiettivi. Chiediti innanzitutto se ti appartengono davvero e da dove derivano!

È poi necessario diventare buoni genitori di se stessi: imparare ad accettarsi (anche nelle parti che ci piacciono di meno), non giudicarsi, perdonarsi, ascoltare le proprie emozioni e mettere in luce le proprie qualità positive e i valori che per noi sono importanti. Insomma, in poche parole, volersi bene e darsi il permesso di esistere per quello che si è.

Presta attenzione ad un possibile errore: accettarsi non significa necessariamente darsi la propria approvazione (“Bravo! Non potevo fare di meglio!”) oppure avvallarsi in modo passivo (“Continuo a fare questo perché non sono capace di fare altro”), ma vuol dire avere la consapevolezza di ciò che si è, di ciò che si può migliorare e di ciò che invece fa intimamente parte di noi e al massimo si può gestire o controllare.

5. Scegli con cura i tuoi specchi

Per permetterti di avere una autostima positiva è importante comprendere che l’immagine riflessa dallo specchio non è mai obiettiva, e che la strategia migliore da seguire è imparare a conoscerti profondamente, accoglierti e accettarti per come sei. Però le relazioni umane ed il confronto con gli altri fanno parte della quotidianità: quindi come puoi gestire i tuoi “specchi”?

Se non hai avuto la fortuna di avere dei genitori che ti hanno fatto sentire accolto per come sei, puoi intanto riconoscere e accettare che in passato ti sei guardato in uno specchio deformato o rotto. Puoi cercare di capire in che modo questo ha distorto la tua immagine, e questa consapevolezza ti sarà di grande aiuto. Ma il passato non si può cambiare.

Nel presente, invece, puoi decidere di scegliere e dare importanza a quegli specchi che ti rimandano un’immagine che ti fa sentire bene con te stesso. Sto parlando di quelle persone che ti fanno sentire accettato, delle quali percepisci la simpatia, il supporto ed il calore gratuiti. Attenzione alla clausola della gratuità: chi ti regala queste sensazioni non deve volere niente in cambio. In caso contrario rischi di cadere nella trappola di un manipolatore: una persona che ha il bisogno di controllare gli altri. Tu però vuoi mantenere saldamente il controllo della tua vita, per poter migliorare la tua autostima.

Per aumentare la tua autostima scegli di dare importanza alle persone che ti fanno sentire gratuitamente accettato.

FONTI

Higgins ET, Bargh JA. “Social cognition and social perception”. Annu Rev Psychol. 1987;38:369‐425. doi:10.1146/annurev.ps.38.020187.002101

L. Festinger. A Theory of Social Comparison Processes. 1954

C. Rogers. Client-Centered Therapy. 1951

M. Rosemberg. “Self Esteem Scale”. 1965

Pilar Mallor e Manuel Villegas. “El Narcisismo Y Sus Modalidades”. 2010

Mann M, Hosman CM, Schaalma HP, de Vries NK. “Self-esteem in a broad-spectrum approach for mental health promotion”. Health Educ Res. 2004;19(4):357‐372. doi:10.1093/her/cyg041

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